Fonte: Valori.it – L’inclusione finanziaria può sembrare un argomento un po’ teorico, da addetti ai lavori. In realtà, basta guardarsi intorno per rendersi conto di quanto innumerevoli azioni, dalle banalità quotidiane alle grandi scelte della vita, dipendano in modo determinante dall’accesso ai servizi finanziari. Ricevere lo stipendio nel conto corrente, stipulare un’assicurazione sulla vita, chiedere un mutuo per la prima casa: e gli esempi potrebbero continuare ancora a lungo. Alla luce di questo, è senza dubbio preoccupante il fatto che il 4,4 per cento delle famiglie italiane non disponga nemmeno di un conto corrente o di deposito bancario, né di un conto postale. Un quadro di esclusione finanziaria che è molto più grave al Sud.
Questi e altri dati sono contenuti nella seconda edizione del rapporto “Inclusione finanziaria e microcredito. Con le comunità per contrastare la povertà e l’esclusione”, pubblicato da Fondazione Finanza Etica. L’analisi si fonda sui dati provenienti da fonti istituzionali, come Banca d’Italia e Istituto nazionale di statistica (Istat), integrandoli con altri studi validati.
Il conto corrente bancario
Uno dei dati più eloquenti emerge dall’ultima Indagine sui bilanci delle famiglie di Banca d’Italia, che fa riferimento al 2020. Il 4,4% delle famiglie non ha un conto corrente, né un conto deposito o postale. Si tratta di qualcosa come 1,1 milioni di nuclei familiari, che corrispondono a 2,3 milioni di persone.
Se è vero che il conto corrente è la porta d’accesso al mondo bancario e finanziario, è anche vero che da solo non basta. Per i grandi e piccoli progetti di vita, spesso è necessario chiedere un finanziamento rateale. Nel 2020 lo ha fatto il 4,6% delle famiglie italiane: di queste, il 18% si è visto rifiutare la domanda, mentre il 3% si è dovuto accontentare di un’accettazione parziale.
Desertificazione bancaria e digital divide
Il rapporto insiste sul fatto che questa distanza tra i cittadini e i servizi finanziari rispecchi la crescente distanza che li separa dalle banche, intese come presìdi fisici sul territorio. Complice il sempre maggiore consolidamento del settore, in cui pochi grandi gruppi si stanno accaparrando quote di mercato, le filiali sono sempre meno. A fine 2021 gli sportelli bancari attivi erano 21.650, un anno dopo 20.986: in media, due filiali al giorno hanno chiuso i battenti. Ed è un fenomeno comune ad altri 25 Stati dell’Unione europea su 27. Oltre quattro milioni di italiani abitano in Comuni in cui di filiale bancaria non ce n’è nemmeno una: il 6,3% della popolazione del Nord, il 4,6% della popolazione del Centro e il 20,4% di quella del Sud e delle Isole.
Certamente questa desertificazione bancaria è in parte compensata dall’avvento dei servizi bancari digitali, il cui accesso ha visto un +29% nell’arco di dieci anni. Ma, appunto, questo è vero solo in parte. In un territorio come l’Italia, in cui l’età media è la più alta d’Europa e la rete internet veloce è ancora lacunosa, soltanto il 45% della clientela sfrutta i canali digitali delle banche. Molto meno rispetto alla media dell’Unione, pari al 58%.
Quando mancano i servizi finanziari sul territorio
Quando mancano i servizi finanziari sul territorio, o quando da quei servizi finanziari ci si sente tagliati fuori, allora il rischio è quello di rivolgersi a società finanziarie borderline, che sfuggono alle stringenti regolamentazioni previste per le banche propriamente detto. O ancora, di ricorrere a uno strumento come la cessione del quinto dello stipendio o della pensione. Legale e utile, certo, ma non privo di rischi, soprattutto per chi si trova in difficoltà. Peggio ancora, si rischia di cadere nella rete dell’usura.
Il microcredito, una risposta concreta all’esclusione finanziaria
Grazie a 130 diverse iniziative, nel corso del 2022 sono stati concessi prestiti a 15.679 beneficiari. Il loro ammontare complessivo sfiora i 214 milioni di euro. Salvo rarissime eccezioni, non c’è stato bisogno di garanzie personali. Il 46,7% dei prestiti resta su un importo inferiore ai 25mila euro.
Rispetto al 2021, crescono visibilmente i prestiti per studenti (nel 2022 sono 5.568, per un totale di 59 milioni di euro) mentre quelli del microcredito sociale vivono un forte calo, fermandosi a 4.139, per un volume totale di 20 milioni di euro. Cala anche il numero di prestiti nel campo del microcredito produttivo (sono 4.847, per un totale di 115 milioni di euro) e dei programmi antiusura (974, per un totale di 18 milioni di euro). Nelle altre tipologie ricadono 151 prestiti dal volume complessivo di un milione di euro.
Il microcredito, dunque, può essere un ponte verso l’inclusione finanziaria. Per questo, diventa interessante capire chi sono i beneficiari. Il divario di genere è ancora tangibile e trasversale: sia nel microcredito d’impresa sia in quello sociale, solo quattro beneficiari su dieci sono donne. I giovani under 30 sono clienti e beneficiari dell’83% dei finanziamenti per l’avvio della propria attività economica, ma solo del 9% dei prestiti legati al microcredito sociale. La presenza dei migranti ha un andamento opposto: sono il 35% della popolazione servita dal microcredito sociale e il 2% di quella servita dal microcredito d’impresa.
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